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Spartaco M. Galante S.J.

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La comunità di Bergamo ringrazia il Signore per aver avuto il dono di incontrare padre Spartaco Galante sj, uomo di Dio, amico premuroso, annunciatore del Vangelo, attento alla vita di quanti ha incontrato.

Dal 1990 al 1999, anni in cui è stato direttore del Centro Giovanile San Giorgio, siamo stati testimoni della sua passione e della sua solidarietà per l’uomo, incarnando fino in fondo quella caratteristica propria dei gesuiti per tutto ciò che parla di umanità.

Preziosa presenza nella vita di tantissime persone, capace di amicizia e di generosa premura, P.Spartaco è stato per tutti il volto amico del Padre, accogliente e sorridente. Con la sua umanità ha saputo avvicinare persone diverse, che si sono sentite accolte e hanno accettato di camminare insieme.

Attraverso lui il messaggio del Vangelo ci ha raggiunti vestito di simpatia, di attenzioni per ciò che è importante nella vita di ciascuno.

Fino all’ultimo ci siamo sentiti ospitati nel suo grande cuore.

Ed ora siamo certi che ci accompagnerà sempre.

 

Riportiamo una pagina del suo diario

Ricordi di ieri, realtà di oggi

Padre Spartaco racconta…

Fuori comincia ad imbrunire e qui, in questa mia cameretta, mi sorprendo su di una corrente di ricordi vividi.

A volerlo – e mi ci sono sforzato per dominare le lacrime – non posso spezzare questo flusso che serpeggia ad incorniciare tanta parte della mia giovinezza.

Sarò prete fra non molti giorni, fra questi pochi giorni che sfilano più lenti e più trepidanti dei lunghi anni di attesa.

Domenica 1 Novembre 1946, a Lonigo, verso le ore 16: ero anche lì in una cameretta, solo, e sfogliavo delle riveste. Ero svogliato e non sapevo perché; ero nervoso e non sapevo perché. Fuori il cielo di Novembre si inteneriva; e dentro, ma dentro di me, l’atmosfera greve e di pianto del mese dei morti.

La buona signorina Noemi, presso cui abitavo, mi diceva: “Oggi Lei non va in chiesa?” – “No, oggi non vado in chiesa!”. Tutti i muscoli mi si attorcigliavano in corpo; avrei rotto tutti i vetri di casa; sarei scappato di lì, da quella casa, da quel paese, sarei andato non so dove… Accesi una sigaretta tremante, mentre continuavo a sfogliare, a sfogliare senza leggere, le riviste gettate sul mio tavolino.

Oggi non va in chiesa?” – “No, oggi non vado in chiesa!”.

Perché negarlo? Perché continuare ad affermare che i miei nervi erano a pezzi senza sapere perché?

Lo sapevo: una voce interiore, dentro e in fondo, nel punto più dolorante ed acuto dell’anima, mi diceva: “devi farti Gesuita, devi farti Gesuita”. Ho cercato di reagire a quella voce, di farla tacere, di confonderla…

A me, proprio a me, e a vent’anni, dopo che mi ero sbracciato con entusiasmo a lavorare – sezione propaganda – nell’arena dell’azione politica, la stimolante passione giovanile? A me quella voce: ”devi farti Gesuita”?

Che ne pensavo io dei Gesuiti? Un mio cugino era Gesuita, ma l’avevo visto solo poche volte e di sfuggita: riverito, guardato dietro l’alone che questo nome porta con sé come la nuvola di fuoco accompagnava i figli di Israele nel deserto; che ne sapevo io di più dei Gesuiti, se non quel che si orecchia nei nostri paesi?

Non che io fossi uno scavezzacollo, ma non ero un santo, non avevo sentito il pungolo di esserlo. Sentivo tuttavia la forza e la bellezza della mia giovinezza, volevo “viverla”. Appartenevo all’Azione Cattolica e nutrivo un tenero affetto per una fanciulla; avevo spezzato gli studi ed ero socio della San Vincenzo e – magari uscendo da una stanzetta oscura a contatto con un sofferente – andavo diritto ad un cinema a sorbire passivo una fantasia mobile e spesso inconcludente.

A vent’anni: così, nella vita che invitava. Ma così, come la luna: una parte illuminata ed una parte oscura.

Pochi mesi prima, un mio caro amico mi aveva invitato a partecipare ad un corso di Esercizi a Padova. C’era ancora un posto lasciato libero da un altro. Non ci volevo andare. Ma per non dire di no ad un amico – non lo so fare – partii più per accontentare e per curiosità che per convinzione.

So che quel mio amico portava nel cuore il desiderio di donarsi al Signore. Nulla, o forse sì: qualcosa avvenne: l’amico, continuando i suoi studi, si è poi laureato ed io… no, ma non fu allora. Non so davvero quale effetto avessero operato in me gli Esercizi. Tornai a casa: e come prima, frequentavo l’Azione Cattolica, mi interessavo di politica, ero socio della San Vincenzo, andavo al cinema e nutrivo un affetto. Sognavo di avere una casa e questa volta mia e in senso pieno.

Ma per lavorare seriamente nel campo politico, ma per mettere su una casa mia, avrei dovuto ripigliare gli studi e questa volta da solo, in un paese lontano dai soliti cari amici, a Lonigo.

E fu lì… quel pomeriggio che non volevo andare in chiesa… la voce imperiosa mi ripeteva con viva monotonia: devi farti Gesuita.

Senza che io me ne accorgessi, il Signore aveva lentamente scavato e preparato il terreno.

La signorina Noemi mi diceva: “Oggi non va in chiesa?” – “No, oggi non vado in chiesa”. Ma poi uscii, camminai per le vie semideserte, ma dovetti cedere… ad un certo momento mi recai alla chiesa di Villa San Fermo.

Entrai, mi lasciai andare a sfascio, prostrato sull’inginocchiatoio.

Ero dolorante e torpido. Nessuno in chiesa; silenzio e penombra rotta da una testina lucente morente vicina al tabernacolo.

Non pregavo: piangevo. Avevo sul capo come una corona di spine che mi lancinava e nel cuore l’agonia. Mi alzai ed uscii di nuovo, anzi scappai da quel silenzio che decuplicava la risonanza della voce.

Poi… non so come fu, come non so ora perché tremo alla gioia tremenda di questa vigilia.

La sera, prima della partenza, andai al bar con gli amici ma non dissi niente a nessuno, non salutai nessuno, non abbracciai nessuno.

Oltre ai miei, due sole confidenze come eccezione.

Ma non mi domandate la sequenza che ho tagliato tra quell’indimenticabile pomeriggio e la sera prima della partenza, gli strappi che il Signore ha dovuto operare…

Più tardi ho saputo… ero stato ”tradito…” da mia madre. Tradito da mia madre che chiedeva incessantemente al Signore di avere 22un figlio prete. Così, mentre io mi affannavo a stendere il disegno della mia vita, Lei ne stendeva un altro.

Ed è per questo, Mamma, che non sarai tu la prima a baciare le mie mani odoranti, fresche del sacro crisma, ma sarò io che bacerò le tue mani per quanti rosari hanno sgranato, per quante volte si sono congiunte ad accompagnare la tua preghiera intima, per quante volte tenendole sul mio capo di bambino e sulle mie spalle di adolescente, sentivano presaghe modellarsi il prete in me.

Spartaco M. Galante S.J.

Annuncio P.Spartaco


Giovedì 25 maggio 2017

Ascensione del Signore

è tornato alla casa del Padre


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Padre Spartaco Galante sj


Preziosa presenza nella vita di tantissime persone, capace di amicizia e di generosa premura,

è stato per tutti il volto amico del Padre, accogliente e sorridente.

Dal 1990 al 1999, anni in cui è stato direttore del Centro Giovanile San Giorgio,

lo abbiamo visto incarnare quella passione per l’uomo

e la solidarietà con tutto ciò che parla di umanità,

che è caratteristica così propria del Gesuita.

Ringraziamo il Signore per il dono di Padre Spartaco.

Evans

Università degli Studi di Bergamo, Aula 5, martedì 28 marzo 2017, ore 9,30

“…proclamo Evans Appiah Billa dottore in Scienze Pedagogiche con la votazione di 110/110”!

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Tredici anni fa, in un pomeriggio d’autunno, arrivava a San Giorgio un ragazzino riservato, proveniente dal Ghana, che si era iscritto al primo anno dell’Istituto Pesenti. Evans aveva bisogno di consolidare la conoscenza della lingua italiana e di imparare un metodo di studio.

Era sempre presente, sia durante il tempo dedicato allo studio sia durante le attività proposte dalla Fabbrica dei Sogni, partecipando con passione agli allenamenti e alle partite della squadra di basket e alle escursioni in montagna.

Ben presto si era dato da fare nell’assistenza al gioco dei più piccoli, collaborando attivamente con l’educatore; tanto che, dopo qualche anno, l’Associazione gli aveva affidato il compito di Animatore.

Ottenuto il diploma di maturità, aveva espresso il desiderio di frequentare l’università per completare la sua formazione pedagogica. Così la Fondazione San Giorgio gli aveva assegnato la borsa di studio “Paolo Scaglia” per aiutarlo a realizzare il suo sogno. Successivamente la Fabbrica dei Sogni lo ha assunto in qualità di Educatore, dandogli la possibilità di sperimentare nell’incontro quotidiano con i ragazzi quanto appreso durante il percorso universitario.

Qualche anno fa, nel 2012, Evans aveva fatto un viaggio in Africa per riabbracciare la madre e presentarle la fidanzata. Le condizioni di vita nel suo paese natale, che aveva toccato con mano a distanza di tempo, lo avevano scosso e non era riuscito a restarne indifferente. Rientrando in Italia, aveva maturato il desiderio di dare una casa alla madre e ai fratellini rimasti in Ghana; così, risparmiando sulle spese personali, è riuscito ad acquistare un terreno per loro e a contribuire alla costruzione di una nuova abitazione.

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Laureatosi in Scienze dell’Educazione, ha voluto continuare con il corso specialistico in Scienze Pedagogiche. Ed eccoci ad oggi!

Il suo progetto di vita prevede ora uno stacco dall’Italia, ma Evans non è certo di riuscire a stare lontano dalla realtà di San Giorgio, che per anni ha considerato come casa sua.

Dopo il prossimo periodo di tirocinio ed inserimento professionale oltre Manica, Evans sogna di costruire una sua famiglia e di dare qualcosa al suo Paese d’origine. Consapevole, infatti, del valore dell’istruzione nella vita di ogni persona, vorrebbe contribuire alla costruzione di una scuola in Ghana.

 

 

 

 

 

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Evans è amato dai bambini per la fantasia con cui propone i giochi, è ammirato dai ragazzi per la sua agilità nella danza – il venerdì nel tardo pomeriggio alla Fabbrica si fa musica –, è apprezzato dai più grandi per la sua capacità di ascoltare ed entrare in empatia, è gradito agli adulti perché attento ad insegnare il rispetto delle regole del vivere insieme.

Evans è molto grato all’ambiente di San Giorgio che lo ha accolto e lo ha sostenuto in vario modo nella sua crescita. Anche spiritualmente, Evans ha trovato nella Comunità di Vita Cristiana (CVX) delle persone che lo hanno accompagnato nelle sue scelte di vita.

Il nostro testimoniare…

E’ possibile essere testimoni del Cristo nel mondo d’oggi?

Forse basta non tenere solo per sé la gioia provata in un incontro, il senso di pienezza, pur se fugace, sperimentato in qualche occasione…

La nostra spiritualità ci insegna ad essere contemplativi nell’azione, a “essere nel mondo senza essere del mondo”. Ma l’insegnamento dei Padri Gesuiti che ci hanno accompagnato ci ha sempre spinto a non omologarci, a cercare ciascuno la propria via, utilizzando lo strumento ignaziano del Discernimento.

Ecco che nella nostra piccola comunità sono fiorite esperienze di servizio in diversi ambiti, portate avanti sia singolarmente che in gruppo.

In questa sezione sono presentati i differenti apostolati svolti dai membri della nostra comunità.

La nonna della Fabbrica dei Sogni

La mia presenza alla Fabbrica dei Sogni è datata  2001. Ho cominciato con una certa ritrosia: essendo insegnante, non ero entusiasta di passare anche il pomeriggio a fare le stesse cose che facevo al mattino.

Ben presto, però, mi sono accorta che era tutto un altro lavoro rispetto a quello che facevo a scuola: affiancare nello studio questi ragazzi era gratificante, perché avevano voglia di imparare e mostravano rispetto e gratitudine verso l’adulto che si dedicava loro. Questo mi ha portato a cercare modalità di comunicazione più immediate attraverso la gestualità, il disegno, lo schema. Ho imparato a semplificare i messaggi contenuti nei libri di testo per rimuovere ostacoli che impediscono l’accesso alla conoscenza e, di settimana in settimana, ho constatato progressi nell’apprendimento dei ragazzi.

Dopo qualche tempo, qualcuno di loro ha cominciato a raccontare frammenti della propria storia, partendo da ciò che in quel momento generava sofferenza: poteva essere il disaccordo con un genitore sulle proprie scelte di vita, o la nostalgia del mondo lasciato, oppure la difficoltà di ricostruire il rapporto con un genitore quasi sconosciuto con cui aveva vissuto solo nella prima infanzia, o ancora il disagio provocato dai compagni di scuola che lo emarginavano.

Ad un certo punto qualcuno dei ragazzi ha cominciato a chiamarmi “nonna”: sulle prime sono rimasta perplessa (in quel periodo mi tingevo i capelli…), poi ho compreso che con quel titolo i ragazzi evocavano una figura cara, lasciata in Africa, che li aveva accuditi nei lunghi anni di lontananza dei genitori. Sapere che i miei figli naturali avevano avuto la possibilità di crescere fra tante opportunità di apprendimento, di esercizio sportivo, di viaggi, di affetto da parte di tutta la famiglia mi creava il bisogno di regalare anche a questi “nipoti” acquisiti le stesse opportunità.

Ho cominciato a sciogliermi, ad essere più libera nel manifestare i miei sentimenti, a lasciarmi abbracciare, ad accogliere il loro saluto affettuoso come una ricchezza che aumentava di giorno in giorno, comprendendo che molti giovani non sanno chiamare per nome le loro emozioni, perché non hanno qualcuno che sia attento a quello che stanno vivendo. Le esperienze vissute nel pomeriggio a San Giorgio animavano le conversazioni serali in famiglia: tanto che i vari Youssef, Habiba, Natalya, Mohammed diventavano gli invisibili commensali della nostra tavola. Il nostro desiderio giovanile di trasferirci un giorno in Africa andava prendendo forma: l’Africa era venuta a stare da noi.

Quando mi sono ritrovata improvvisamente vedova, l’aver intrapreso questo impegno, condiviso con mio marito, mi ha permesso di ritrovare lo scopo e la serenità del vivere, dopo un periodo iniziale di disorientamento. Mi sono sentita ancora utile nella mia professionalità e, come persona, più forte e capace di dar voce alle difficoltà e alle necessità di questi ragazzi secondo le mie capacità.

Il modello consumistico prospettato dalla nostra società e l’attuale svalutazione del valore della dignità della persona possono indurre i ragazzi a buttarsi via, soprattutto coloro che hanno scarse possibilità economiche o che sperimentano insuccessi scolastici. Mi sono accorta che molti ragazzi sono confusi riguardo alla propria identità culturale, attratti dal modello di vita occidentale, ma trattenuti da quello del proprio Paese d’origine, sostenuto dai genitori.

Io credo sia importante suscitare in ciascuno quelle domande esistenziali al fine che l’individuo si sviluppi in modo completo ed eviti di essere fagocitato dal nostro sistema omologante, secondo un’idea di integrazione che non condivido. La mia fede si manifesta anche in questo: credo profondamente nel valore della persona, di qualsiasi persona, e le differenze antropologiche fisiche o comportamentali mi appaiono come abiti che velano l’uguale umanità che è in ciascuno.

                                                                                                                                             Maria

Un modo di concepire la vita in DUE

Quando, con mia moglie Carla, iniziammo ad accompagnare le coppie di fidanzati nell’itinerario di preparazione al Matrimonio, ci sentivamo, con due figli già grandi ma con l’ultimo figlio ancora alla scuola primaria, sufficientemente  in grado di essere in sintonia con le motivazioni e il sentire di coppie giovani.

Da allora sono trascorsi circa 25 anni e spesso ci chiediamo se siamo in grado di comprendere fino in fondo la realtà della famiglia come viene concepita oggi, in un contesto ambientale così diverso da quello in cui noi abbiamo vissuto il nostro progetto di vita insieme. Voglio dire che in passato tutto era finalizzato a condurre due persone che si amavano al matrimonio, ed al Matrimonio come Sacramento, anche se spesso ciò avveniva per tradizione, piuttosto che per effettivo convincimento.

Forse anch’io sono arrivato al Matrimonio in chiesa perché non vi era altro modo di concepire la vita a due, ma credo sia stato il vivere concretamente l’uno accanto all’altra, l’esperienza del diventare genitori, il trasmettere il senso della vita ai propri figli, l’amore di una moglie che ti permette di superare i momenti di disagio esistenziale, tutto questo mi ha reso consapevole dell’importanza della scelta fatta e mi ha spinto a desiderare di dirlo agli altri.

Un momento di svolta nella nostra vita di coppia fu determinato da un cambio di abitazione che ci portò vicino alla chiesa di San Giorgio e alla conoscenza dei Padri Gesuiti, dove Carla iniziò a seguire le lectio di approfondimento della Parola, nonché l’esperienza degli Esercizi di S. Ignazio: da qui il coinvolgimento mio e il nome Giorgio dato al nostro terzo figlio, nonché l’appartenenza alla CVX.

Tornando alle difficoltà di comprensione del presente da parte di chi ha già fatto un bel pezzo di strada (di recente abbiamo visto un film sul cammino di Santiago) credo che l’Amore, se per amore intendiamo ciò che connota l’essenza del Creatore, lega l’umanità nel susseguirsi delle generazioni e ciascuna abbia qualcosa da dire all’altra: quando siamo in mezzo alle coppie di fidanzati, vedendo i loro sguardi di intesa e i loro gesti affettuosi ci rendiamo conto che nulla è cambiato anche se tutto è diverso e ci sentiamo bene con loro e con noi stessi, perché siamo col Signore.

                                                                                                                                             Guido

Il Centro di Primo Ascolto (CPA)

E’ dal 1996 che un gruppo di parrocchiani ha risposto positivamente ad un progetto della Caritas che, per meglio operare sul territorio, aveva pensato di affiancare al suo CPA diocesano tanti altri CPA parrocchiali. Un luogo ove trovare ascolto, accoglienza, disponibilità ed un aiuto concreto per chi è in difficoltà o nel bisogno.

Il nostro CPA di S.Alessandro in Colonna è costituito, oggi, da una ventina di volontari che si alternano durante gli orari di apertura con ruoli diversi quale l’ascolto, il guardaroba, l’approvvigionamento alimentare, la segreteria, il coordinamento.

Un altro ruolo importante è il coinvolgimento dei residenti, affinché aumenti la sensibilità, la generosità, l’apertura verso le povertà locali, ma anche l’attenzione nel segnalare casi di povertà non così palesi, ma pur sempre dolorosi.

Non è sempre facile operare in questo contesto: i ritorni che appagano sono molto rari. E’ solo la preghiera che sostiene sempre e rinnova il desiderio di essere presente perché il dolore condiviso pesi meno.

                                                                                                                                           Carla

Il catechismo in parrocchia

La parola a Rosanna… l’organizzazione

Ormai da molti anni presso il Centro San Giorgio non viene più effettuata la catechesi, perché i Sacramenti dell’Iniziazione Cristiana vengono celebrati nella parrocchia di Sant’Alessandro in Colonna. Questo ha comportato che alcuni aderenti alla CVX si siano resi disponibili ad offrire tale servizio presso l’oratorio dell’Immacolata, su invito del Parroco e del Curato.

I ragazzi che partecipano alla catechesi parrocchiale sono circa 200, suddivisi per età e classi scolastiche frequentate, a partire dalla seconda elementare fino alla seconda media. In questo lungo cammino, vengono supportati da una ventina di catechiste, che periodicamente partecipano ad incontri di formazione tenuti dal Parroco e dal Curato, presso i locali dell’oratorio. Una volta l’anno il Vescovo incontra tutti i catechisti della Diocesi presso il Seminario cittadino.

Periodicamente tutte le classi del catechismo partecipano ad una giornata di ritiro, ovviamente di domenica, al termine della quale ai genitori dei ragazzi viene presentato il lavoro svolto dai figli. Per i ragazzi che riceveranno la Prima Comunione è previsto un ritiro di alcuni giorni presso la Casa Parrocchiale di Bratto, mentre per i cresimandi è previsto un ritiro di alcuni giorni ad Assisi.

Sono questi i momenti forti particolarmente sentiti e partecipati dai ragazzi e dalle famiglie.

                                                                                                                   Rosanna

La parola ad Anna… l’esperienza

Ritengo che essere catechista sia una chiamata alla missione evangelizzatrice. Una chiamata che a volte giunge inaspettata quando si è profondamente sperimentata la bontà di Dio e c’è il desiderio di trasmettere questa esperienza ai bambini.

Ecco… i bambini… Intanto mentre parliamo loro di Gesù ci arricchiamo per primi noi, poi loro sono le persone più semplici e ricettive.

Purtroppo spesso accade che nello svolgere questa bella missione si incontrino bambini indisciplinati, rumorosi, che non ascoltano ed è proprio in questi momenti che non bisogna scoraggiarsi. Prima di tutto ciascuno deve sentire che gli vogliamo bene, anche se è il più monello, poi dobbiamo pregare sempre per loro e saperci accontentare di quel poco riscontro che essi sanno dare: una giusta intuizione al momento opportuno, lo stupore nei loro occhi e – da non sottovalutare – la loro costante presenza.

                                                                                                                 Anna

Celebrazione degli impegni in CVX – Ad maiorem Dei gloriam

E’ stata molto intensa la partecipazione all’Eucarestia prefestiva di sabato 3 dicembre 2016, festa di San Francesco Saverio, durante la quale alcuni membri della nostra comunità hanno pronunciato l’impegno.

Ma cos’è l’impegno?

Chi appartiene alla CVX vive la propria spiritualità tenendo come punto di riferimento la comunità, essenziale nell’aiutare ciascuno a crescere nella fedeltà alla propria vocazione e missione.

Durante il cammino di formazione, la comunità, appunto, propone ai nuovi membri di discernere in merito alla loro volontà di proseguire il cammino, chiedendo se hanno riconosciuto la CVX come propria vocazione all’interno della Chiesa. Chi dà risposta positiva pronuncia l’impegno temporaneo e dopo alcuni anni, sempre con un discernimento personale e comunitario e non prima di aver vissuto l’esperienza degli Esercizi Spirituali di S. Ignazio, assume limpegno permanente nella comunità.

L’impegno temporaneo esprime il desiderio di vivere il proprio presente secondo lo stile della CVX e di ricercare con determinazione la volontà di Dio, utilizzando gli strumenti ignaziani. Questa decisione non è facile da prendere per tutti, perché ci si preoccupa di non riuscire a restare coerenti. In realtà si tratta solo di un punto di partenza per un cammino nuovo, che va più in profondità nella sequela di Cristo secondo lo stile CVX. La comunità ha il compito di ricordare che si tratta di capire quale risposta desideriamo dare ad un Signore che ci ama e ci chiama così come siamo.

Qualcuno teme di legarsi attraverso l’impegno permanente con un laccio che appesantisce la vita, prendendo una decisione che compromette la propria libertà. È frutto di un cammino rendersi conto che si è liberi nella misura in cui si sa dare alla propria vita l’orientamento che risponde ai desideri più profondi del proprio cuore. “Permanere – diceva Umberto Bovani, ex-presidente della CVX nazionale – significa osare ed andare fino in fondo, non sostare sulla soglia. E’ atto di responsabilità”. E’ come l’atto di fiducia che Maria ci testimonia con il suo “Sì” alla proposta dell’Angelo, diventando per ciascun membro della CVX modello della nostra risposta alla chiamata.

Maria Cristina, Maria Novella, Mario e StefanoE’ alla luce di questo che sabato 3 dicembre 2016, dopo uno specifico percorso di formazione, Maria Cristina, Maria Novella, Mario e Stefano hanno pronunciato il loro impegno temporaneo,

Membri Impegno Permanentementre Miett e Patrizia hanno assunto l’impegno permanente. Con emozione, a stento celata, la coordinatrice ha chiamato a presentarsi alla comunità e alla chiesa locale riunita per la celebrazione eucaristica le persone che avevano manifestato la volontà di impegnarsi. Insieme, prima gli uni, poi le altre hanno pronunciato la formula specifica per ciascun impegno mentre subito dopo gli altri membri presenti della comunità hanno rinnovato il proprio impegno preso anni fa.

Al termine della Messa è stato consegnato a ciascuno un segno:

  • a chi ha preso l’impegno temporaneo una piccola chiave a significare la disponibilità ad aprire senza paura il cuore al Signore;
  • a chi ha preso quello permanente un anello che porta inciso il Padre Nostro per suggerire la fraternità.

Celebranti Impegni - 03dic16La celebrazione è stata presieduta da P.Massimo Tozzo SJ, assistente della CVX di Bergamo; hanno concelebrato Mons.Gianni Carzaniga, parroco di S. Alessandro in Colonna (che dopo la partenza dei Padri Gesuiti conduce la chiesa di S. Giorgio) e Don Tullio.

Il 3 dicembre è la festa di S.Francesco Saverio, uno dei primi compagni di Ignazio di Loyola, annunciatore del Vangelo e modello della missione: il suo scopo era quello di far crescere il nome di Gesù Cristo tra i popoli che non lo conoscevano. Voleva far sì che gli uomini conoscessero il loro Creatore e che il Creatore fosse glorificato dalle Sue creature.

È questo il motivo che ci ha spinti a scegliere questo giorno per la celebrazione degli impegni: che la nostra missione sia realmente un a festa, volta al raggiungimento della Maggior Gloria di Dio Padre (Ad maiorem Dei gloriam).

Principi Generali della Comunità di Vita Cristiana

principi_rossiI Principi Generali (PG) sono il fondamento della Comunità di Vita Cristiana: essi sono l’orizzonte verso cui camminare ed esprimono la nostra identità. I Principi indicano un sistema di valori, le priorità, lo stile di vita di chi sceglie questa strada per avvicinarsi al Vangelo ed essere compagno di Gesù nella sua missione di condurre al Padre tutta l’umanità.

Nello specifico i PG tracciano le linee guida attraverso le quali la CVX orienta il suo cammino, nella fedeltà alla Chiesa universale. Essi ci ricordano che ”noi ci sforziamo di diventare cristiani impegnati nel testimoniare, nella Chiesa e nella società, quei valori umani ed evangelici che riguardano la dignità della persona, il bene della famiglia e l’integrità della creazione… consapevoli del bisogno pressante di lavorare per la giustizia, attraverso un’opzione preferenziale per i poveri ed uno stile di vita semplice che manifesti la nostra libertà e la nostra solidarietà con loro” (PG 4).

 

La vocazione CVX è un modo particolare di testimoniare la nostra chiamata battesimale ed esige un’interpretazione ed una testimonianza laicale della spiritualità ignaziana, come viene descritto nel Documento finale della XVI Assemblea Mondiale CVX (Libano 2013). Vogliamo essere laici adulti che, in comunione con i Padri Gesuiti ed inseriti nella Chiesa locale, si impegnano sulle “frontiere” che i segni dei tempi ed il discernimento ignaziano ci indicheranno come più urgenti e universali nell’ottica del Magis.

Il nuovo Statuto della CVX Italia, approvato dall’Assemblea nazionale il 4 novembre 2012 a Bergamo, sancisce che la Lega Missionaria Studenti (LMS) diventa, di fatto, la Sezione Missionaria della CVX Italia.

Questa modifica ci riporta un po’ alle radici della nostra storia, quando le CVX si chiamavano Congregazioni Mariane, cioè fino al 1967. In ogni Congregazione Mariana era presente una Sezione Missionaria, che curava i rapporti con i Padri Gesuiti impegnati in Terra di Missione e ne sosteneva le attività con diverse iniziative.

Oggi la LMS svolge un servizio di formazione e di azione per il volontariato internazionale e di attenzione alle emergenze territoriali, promuovendo e coordinando iniziative di solidarietà.