3° Incontro – 10 Novembre 2023

Caino e Abele

È una riflessione sulla problematica della fraternità e su ciò che scatena la violenza. Nel testo Gn 4,1-16 compaiono nell’ordine Adamo, Eva, Caino e Abele: la vicenda di questi ultimi è segnata da quella dei genitori in cui è comparsa la volontà di dominio, lo spirito di possesso e l’inganno.

 

Caino è la figura centrale, nominato ben tredici volte nel testo che in tal modo invita il lettore a specchiarsi in lui, imparando a prendere coscienza di quei processi che, se non vengono sottoposti a discernimento, finiscono per generare violenza.
Abele è sempre in secondo piano; il suo nome, in ebraico Hebel, significa “soffio”. Egli è sempre presentato in rapporto a Caino: nascendo per secondo, instaura la fraternità.
Il racconto è organizzato in forma di dialogo, incorniciato da due brani di tipo narrativo. Il carattere dialogico sottolinea l’importanza della parola come interpretazione della realtà, in assenza della quale finisce per prevalere la logica della violenza.
Nei primi cinque versetti il testo insiste sulle diversità dei due fratelli: diversità di nascita (Caino è il primogenito, in condizione di vantaggio con diritti di primogenitura); diversità di lavoro (agricoltore Caino e pastore Abele) il che implica diversità di cultura, del modo di vedere la realtà. Ma la differenza che scatena la conflittualità è l’ultima: “Il Signore gradì Abele e la sua offerta, ma non gradì Caino e la sua offerta”. Perché questo trattamento diverso? Sono stati fatti molti tentativi per spiegare questo enigmatico aspetto del racconto. La linea interpretativa più pertinente prende le mosse dall’espressione “guardare a…non guardare a…”. Ne risulta che il testo parla dell’attenzione che Dio ha per Abele, il più debole, in linea con tutta la tradizione biblica in cui si ribadisce più volte che Dio sceglie chi è sfavorito. Alcuni autori vedono nell’ultima differenza una diversità di riuscita nella vita. Dietro l’esperienza dei fratelli si nasconde un’esperienza umana quotidiana: la vita è fatta di ineguaglianze non sempre spiegabili.

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Spunti incontro 10 novembre 2023

In Gn 4 Dio pone Caino a confronto con questa esperienza che ognuno deve fare nella propria vita. Questo stato di cose è percepito come ingiusto. La reazione di Caino illustra quello che può succedere in ciascuno di noi di fronte ai disinganni della vita. La storia di Caino è anche la nostra storia: davanti a noi c’è sempre un Abele che risveglia la nostra invidia. Si scatena allora il desiderio di avere ciò di cui ci si sente ingiustamente privati. In questa reazione di invidia va individuata la radice della violenza. Nei versetti 5b-15a il racconto si sofferma sulla reazione di invidia che si sta impadronendo di Caino: egli è arrabbiato dentro ed esternamente mostra il volto contratto e triste. A questo punto Dio interviene con una volontà pedagogica: non lascia Caino solo con la sua sofferenza: si fa vicino e gli parla, spingendolo a interrogarsi. Ma Caino non risponde, non comunica, alza invece la mano contro il fratello e lo uccide. Dio di nuovo interviene con una domanda allo scopo di spingere Caino a fare chiarezza nel suo mondo interiore. Ma egli risponde negando la sua responsabilità sul fratello. Nel colloquio fra Dio e Caino (versetti 6,7) Dio spinge Caino a valutare attentamente ciò che sta succedendo in lui; questo significa che esiste la possibilità di governare il potenziale di violenza che cova nel suo intimo. In sostanza dice il Signore: “Fai attenzione all’aggressività: è insidiosa come una belva accovacciata alla tua porta. Dominala!”. Esercitando il dominio sull’animalità per mezzo della parola, ogni essere umano realizza la missione ricevuta “in principio”.