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Spartaco M. Galante S.J.
La comunità di Bergamo ringrazia il Signore per aver avuto il dono di incontrare padre Spartaco Galante sj, uomo di Dio, amico premuroso, annunciatore del Vangelo, attento alla vita di quanti ha incontrato.
Dal 1990 al 1999, anni in cui è stato direttore del Centro Giovanile San Giorgio, siamo stati testimoni della sua passione e della sua solidarietà per l’uomo, incarnando fino in fondo quella caratteristica propria dei gesuiti per tutto ciò che parla di umanità.
Preziosa presenza nella vita di tantissime persone, capace di amicizia e di generosa premura, P.Spartaco è stato per tutti il volto amico del Padre, accogliente e sorridente. Con la sua umanità ha saputo avvicinare persone diverse, che si sono sentite accolte e hanno accettato di camminare insieme.
Attraverso lui il messaggio del Vangelo ci ha raggiunti vestito di simpatia, di attenzioni per ciò che è importante nella vita di ciascuno.
Fino all’ultimo ci siamo sentiti ospitati nel suo grande cuore.
Ed ora siamo certi che ci accompagnerà sempre.
Riportiamo una pagina del suo diario
Ricordi di ieri, realtà di oggi
Padre Spartaco racconta…
Fuori comincia ad imbrunire e qui, in questa mia cameretta, mi sorprendo su di una corrente di ricordi vividi.
A volerlo – e mi ci sono sforzato per dominare le lacrime – non posso spezzare questo flusso che serpeggia ad incorniciare tanta parte della mia giovinezza.
Sarò prete fra non molti giorni, fra questi pochi giorni che sfilano più lenti e più trepidanti dei lunghi anni di attesa.
Domenica 1 Novembre 1946, a Lonigo, verso le ore 16: ero anche lì in una cameretta, solo, e sfogliavo delle riveste. Ero svogliato e non sapevo perché; ero nervoso e non sapevo perché. Fuori il cielo di Novembre si inteneriva; e dentro, ma dentro di me, l’atmosfera greve e di pianto del mese dei morti.
La buona signorina Noemi, presso cui abitavo, mi diceva: “Oggi Lei non va in chiesa?” – “No, oggi non vado in chiesa!”. Tutti i muscoli mi si attorcigliavano in corpo; avrei rotto tutti i vetri di casa; sarei scappato di lì, da quella casa, da quel paese, sarei andato non so dove… Accesi una sigaretta tremante, mentre continuavo a sfogliare, a sfogliare senza leggere, le riviste gettate sul mio tavolino.
“Oggi non va in chiesa?” – “No, oggi non vado in chiesa!”.
Perché negarlo? Perché continuare ad affermare che i miei nervi erano a pezzi senza sapere perché?
Lo sapevo: una voce interiore, dentro e in fondo, nel punto più dolorante ed acuto dell’anima, mi diceva: “devi farti Gesuita, devi farti Gesuita”. Ho cercato di reagire a quella voce, di farla tacere, di confonderla…
A me, proprio a me, e a vent’anni, dopo che mi ero sbracciato con entusiasmo a lavorare – sezione propaganda – nell’arena dell’azione politica, la stimolante passione giovanile? A me quella voce: ”devi farti Gesuita”?
Che ne pensavo io dei Gesuiti? Un mio cugino era Gesuita, ma l’avevo visto solo poche volte e di sfuggita: riverito, guardato dietro l’alone che questo nome porta con sé come la nuvola di fuoco accompagnava i figli di Israele nel deserto; che ne sapevo io di più dei Gesuiti, se non quel che si orecchia nei nostri paesi?
Non che io fossi uno scavezzacollo, ma non ero un santo, non avevo sentito il pungolo di esserlo. Sentivo tuttavia la forza e la bellezza della mia giovinezza, volevo “viverla”. Appartenevo all’Azione Cattolica e nutrivo un tenero affetto per una fanciulla; avevo spezzato gli studi ed ero socio della San Vincenzo e – magari uscendo da una stanzetta oscura a contatto con un sofferente – andavo diritto ad un cinema a sorbire passivo una fantasia mobile e spesso inconcludente.
A vent’anni: così, nella vita che invitava. Ma così, come la luna: una parte illuminata ed una parte oscura.
Pochi mesi prima, un mio caro amico mi aveva invitato a partecipare ad un corso di Esercizi a Padova. C’era ancora un posto lasciato libero da un altro. Non ci volevo andare. Ma per non dire di no ad un amico – non lo so fare – partii più per accontentare e per curiosità che per convinzione.
So che quel mio amico portava nel cuore il desiderio di donarsi al Signore. Nulla, o forse sì: qualcosa avvenne: l’amico, continuando i suoi studi, si è poi laureato ed io… no, ma non fu allora. Non so davvero quale effetto avessero operato in me gli Esercizi. Tornai a casa: e come prima, frequentavo l’Azione Cattolica, mi interessavo di politica, ero socio della San Vincenzo, andavo al cinema e nutrivo un affetto. Sognavo di avere una casa e questa volta mia e in senso pieno.
Ma per lavorare seriamente nel campo politico, ma per mettere su una casa mia, avrei dovuto ripigliare gli studi e questa volta da solo, in un paese lontano dai soliti cari amici, a Lonigo.
E fu lì… quel pomeriggio che non volevo andare in chiesa… la voce imperiosa mi ripeteva con viva monotonia: devi farti Gesuita.
Senza che io me ne accorgessi, il Signore aveva lentamente scavato e preparato il terreno.
La signorina Noemi mi diceva: “Oggi non va in chiesa?” – “No, oggi non vado in chiesa”. Ma poi uscii, camminai per le vie semideserte, ma dovetti cedere… ad un certo momento mi recai alla chiesa di Villa San Fermo.
Entrai, mi lasciai andare a sfascio, prostrato sull’inginocchiatoio.
Ero dolorante e torpido. Nessuno in chiesa; silenzio e penombra rotta da una testina lucente morente vicina al tabernacolo.
Non pregavo: piangevo. Avevo sul capo come una corona di spine che mi lancinava e nel cuore l’agonia. Mi alzai ed uscii di nuovo, anzi scappai da quel silenzio che decuplicava la risonanza della voce.
Poi… non so come fu, come non so ora perché tremo alla gioia tremenda di questa vigilia.
La sera, prima della partenza, andai al bar con gli amici ma non dissi niente a nessuno, non salutai nessuno, non abbracciai nessuno.
Oltre ai miei, due sole confidenze come eccezione.
Ma non mi domandate la sequenza che ho tagliato tra quell’indimenticabile pomeriggio e la sera prima della partenza, gli strappi che il Signore ha dovuto operare…
Più tardi ho saputo… ero stato ”tradito…” da mia madre. Tradito da mia madre che chiedeva incessantemente al Signore di avere 22un figlio prete. Così, mentre io mi affannavo a stendere il disegno della mia vita, Lei ne stendeva un altro.
Ed è per questo, Mamma, che non sarai tu la prima a baciare le mie mani odoranti, fresche del sacro crisma, ma sarò io che bacerò le tue mani per quanti rosari hanno sgranato, per quante volte si sono congiunte ad accompagnare la tua preghiera intima, per quante volte tenendole sul mio capo di bambino e sulle mie spalle di adolescente, sentivano presaghe modellarsi il prete in me.
Spartaco M. Galante S.J.
Annuncio P.Spartaco
Giovedì 25 maggio 2017
Ascensione del Signore
è tornato alla casa del Padre
Padre Spartaco Galante sj
Preziosa presenza nella vita di tantissime persone, capace di amicizia e di generosa premura,
è stato per tutti il volto amico del Padre, accogliente e sorridente.
Dal 1990 al 1999, anni in cui è stato direttore del Centro Giovanile San Giorgio,
lo abbiamo visto incarnare quella passione per l’uomo
e la solidarietà con tutto ciò che parla di umanità,
che è caratteristica così propria del Gesuita.
Ringraziamo il Signore per il dono di Padre Spartaco.
Evans
Università degli Studi di Bergamo, Aula 5, martedì 28 marzo 2017, ore 9,30
“…proclamo Evans Appiah Billa dottore in Scienze Pedagogiche con la votazione di 110/110”!
Tredici anni fa, in un pomeriggio d’autunno, arrivava a San Giorgio un ragazzino riservato, proveniente dal Ghana, che si era iscritto al primo anno dell’Istituto Pesenti. Evans aveva bisogno di consolidare la conoscenza della lingua italiana e di imparare un metodo di studio.
Era sempre presente, sia durante il tempo dedicato allo studio sia durante le attività proposte dalla Fabbrica dei Sogni, partecipando con passione agli allenamenti e alle partite della squadra di basket e alle escursioni in montagna.
Ben presto si era dato da fare nell’assistenza al gioco dei più piccoli, collaborando attivamente con l’educatore; tanto che, dopo qualche anno, l’Associazione gli aveva affidato il compito di Animatore.
Ottenuto il diploma di maturità, aveva espresso il desiderio di frequentare l’università per completare la sua formazione pedagogica. Così la Fondazione San Giorgio gli aveva assegnato la borsa di studio “Paolo Scaglia” per aiutarlo a realizzare il suo sogno. Successivamente la Fabbrica dei Sogni lo ha assunto in qualità di Educatore, dandogli la possibilità di sperimentare nell’incontro quotidiano con i ragazzi quanto appreso durante il percorso universitario.
Qualche anno fa, nel 2012, Evans aveva fatto un viaggio in Africa per riabbracciare la madre e presentarle la fidanzata. Le condizioni di vita nel suo paese natale, che aveva toccato con mano a distanza di tempo, lo avevano scosso e non era riuscito a restarne indifferente. Rientrando in Italia, aveva maturato il desiderio di dare una casa alla madre e ai fratellini rimasti in Ghana; così, risparmiando sulle spese personali, è riuscito ad acquistare un terreno per loro e a contribuire alla costruzione di una nuova abitazione.
Laureatosi in Scienze dell’Educazione, ha voluto continuare con il corso specialistico in Scienze Pedagogiche. Ed eccoci ad oggi!
Il suo progetto di vita prevede ora uno stacco dall’Italia, ma Evans non è certo di riuscire a stare lontano dalla realtà di San Giorgio, che per anni ha considerato come casa sua.
Dopo il prossimo periodo di tirocinio ed inserimento professionale oltre Manica, Evans sogna di costruire una sua famiglia e di dare qualcosa al suo Paese d’origine. Consapevole, infatti, del valore dell’istruzione nella vita di ogni persona, vorrebbe contribuire alla costruzione di una scuola in Ghana.
Evans è amato dai bambini per la fantasia con cui propone i giochi, è ammirato dai ragazzi per la sua agilità nella danza – il venerdì nel tardo pomeriggio alla Fabbrica si fa musica –, è apprezzato dai più grandi per la sua capacità di ascoltare ed entrare in empatia, è gradito agli adulti perché attento ad insegnare il rispetto delle regole del vivere insieme.
Evans è molto grato all’ambiente di San Giorgio che lo ha accolto e lo ha sostenuto in vario modo nella sua crescita. Anche spiritualmente, Evans ha trovato nella Comunità di Vita Cristiana (CVX) delle persone che lo hanno accompagnato nelle sue scelte di vita.
Celebrazione degli impegni in CVX – Ad maiorem Dei gloriam
E’ stata molto intensa la partecipazione all’Eucarestia prefestiva di sabato 3 dicembre 2016, festa di San Francesco Saverio, durante la quale alcuni membri della nostra comunità hanno pronunciato l’impegno.
Ma cos’è l’impegno?
Chi appartiene alla CVX vive la propria spiritualità tenendo come punto di riferimento la comunità, essenziale nell’aiutare ciascuno a crescere nella fedeltà alla propria vocazione e missione.
Durante il cammino di formazione, la comunità, appunto, propone ai nuovi membri di discernere in merito alla loro volontà di proseguire il cammino, chiedendo se hanno riconosciuto la CVX come propria vocazione all’interno della Chiesa. Chi dà risposta positiva pronuncia l’impegno temporaneo e dopo alcuni anni, sempre con un discernimento personale e comunitario e non prima di aver vissuto l’esperienza degli Esercizi Spirituali di S. Ignazio, assume l’impegno permanente nella comunità.
L’impegno temporaneo esprime il desiderio di vivere il proprio presente secondo lo stile della CVX e di ricercare con determinazione la volontà di Dio, utilizzando gli strumenti ignaziani. Questa decisione non è facile da prendere per tutti, perché ci si preoccupa di non riuscire a restare coerenti. In realtà si tratta solo di un punto di partenza per un cammino nuovo, che va più in profondità nella sequela di Cristo secondo lo stile CVX. La comunità ha il compito di ricordare che si tratta di capire quale risposta desideriamo dare ad un Signore che ci ama e ci chiama così come siamo.
Qualcuno teme di legarsi attraverso l’impegno permanente con un laccio che appesantisce la vita, prendendo una decisione che compromette la propria libertà. È frutto di un cammino rendersi conto che si è liberi nella misura in cui si sa dare alla propria vita l’orientamento che risponde ai desideri più profondi del proprio cuore. “Permanere – diceva Umberto Bovani, ex-presidente della CVX nazionale – significa osare ed andare fino in fondo, non sostare sulla soglia. E’ atto di responsabilità”. E’ come l’atto di fiducia che Maria ci testimonia con il suo “Sì” alla proposta dell’Angelo, diventando per ciascun membro della CVX modello della nostra risposta alla chiamata.
E’ alla luce di questo che sabato 3 dicembre 2016, dopo uno specifico percorso di formazione, Maria Cristina, Maria Novella, Mario e Stefano hanno pronunciato il loro impegno temporaneo,
mentre Miett e Patrizia hanno assunto l’impegno permanente. Con emozione, a stento celata, la coordinatrice ha chiamato a presentarsi alla comunità e alla chiesa locale riunita per la celebrazione eucaristica le persone che avevano manifestato la volontà di impegnarsi. Insieme, prima gli uni, poi le altre hanno pronunciato la formula specifica per ciascun impegno mentre subito dopo gli altri membri presenti della comunità hanno rinnovato il proprio impegno preso anni fa.
Al termine della Messa è stato consegnato a ciascuno un segno:
- a chi ha preso l’impegno temporaneo una piccola chiave a significare la disponibilità ad aprire senza paura il cuore al Signore;
- a chi ha preso quello permanente un anello che porta inciso il Padre Nostro per suggerire la fraternità.
La celebrazione è stata presieduta da P.Massimo Tozzo SJ, assistente della CVX di Bergamo; hanno concelebrato Mons.Gianni Carzaniga, parroco di S. Alessandro in Colonna (che dopo la partenza dei Padri Gesuiti conduce la chiesa di S. Giorgio) e Don Tullio.
Il 3 dicembre è la festa di S.Francesco Saverio, uno dei primi compagni di Ignazio di Loyola, annunciatore del Vangelo e modello della missione: il suo scopo era quello di far crescere il nome di Gesù Cristo tra i popoli che non lo conoscevano. Voleva far sì che gli uomini conoscessero il loro Creatore e che il Creatore fosse glorificato dalle Sue creature.
È questo il motivo che ci ha spinti a scegliere questo giorno per la celebrazione degli impegni: che la nostra missione sia realmente un a festa, volta al raggiungimento della Maggior Gloria di Dio Padre (Ad maiorem Dei gloriam).
Principi Generali della Comunità di Vita Cristiana
I Principi Generali (PG) sono il fondamento della Comunità di Vita Cristiana: essi sono l’orizzonte verso cui camminare ed esprimono la nostra identità. I Principi indicano un sistema di valori, le priorità, lo stile di vita di chi sceglie questa strada per avvicinarsi al Vangelo ed essere compagno di Gesù nella sua missione di condurre al Padre tutta l’umanità.
Nello specifico i PG tracciano le linee guida attraverso le quali la CVX orienta il suo cammino, nella fedeltà alla Chiesa universale. Essi ci ricordano che ”noi ci sforziamo di diventare cristiani impegnati nel testimoniare, nella Chiesa e nella società, quei valori umani ed evangelici che riguardano la dignità della persona, il bene della famiglia e l’integrità della creazione… consapevoli del bisogno pressante di lavorare per la giustizia, attraverso un’opzione preferenziale per i poveri ed uno stile di vita semplice che manifesti la nostra libertà e la nostra solidarietà con loro” (PG 4).
La vocazione CVX è un modo particolare di testimoniare la nostra chiamata battesimale ed esige un’interpretazione ed una testimonianza laicale della spiritualità ignaziana, come viene descritto nel Documento finale della XVI Assemblea Mondiale CVX (Libano 2013). Vogliamo essere laici adulti che, in comunione con i Padri Gesuiti ed inseriti nella Chiesa locale, si impegnano sulle “frontiere” che i segni dei tempi ed il discernimento ignaziano ci indicheranno come più urgenti e universali nell’ottica del Magis.
Il nuovo Statuto della CVX Italia, approvato dall’Assemblea nazionale il 4 novembre 2012 a Bergamo, sancisce che la Lega Missionaria Studenti (LMS) diventa, di fatto, la Sezione Missionaria della CVX Italia.
Questa modifica ci riporta un po’ alle radici della nostra storia, quando le CVX si chiamavano Congregazioni Mariane, cioè fino al 1967. In ogni Congregazione Mariana era presente una Sezione Missionaria, che curava i rapporti con i Padri Gesuiti impegnati in Terra di Missione e ne sosteneva le attività con diverse iniziative.
Oggi la LMS svolge un servizio di formazione e di azione per il volontariato internazionale e di attenzione alle emergenze territoriali, promuovendo e coordinando iniziative di solidarietà.
Maria
Mi ha attratto la proposta di far camminare insieme fede e vita, come la pianta del corbezzolo che porta contemporaneamente fiori e frutti.
Il valore aggiunto della vita comunitaria, con la possibilità di confrontarmi e di avere una correzione fraterna, mi ha fatto capire che la proposta era per me.
Ho sempre sentito il bisogno di condividere i miei ideali con amici, il bisogno di trovare sostegno e forza per testimoniare nella società i valori in cui credo, convinta che possano portare a ciascuno verità e pienezza di vita, ma consapevole della mia debolezza.
Durante le serate di condivisione mi capita, ascoltando qualcuno dei compagni, di scoprire in lui le mie stesse fragilità; allora capisco il valore della comunità: il luogo dove posso crescere a partire da quello che sono e non da quello che vorrei essere.
Laura
Sono entrata in CVX a 20 anni, quando ancora a Bergamo la comunità era costituita da 2 gruppi: io ero la più giovane del gruppo “giovani”.
La Comunità mi ha accompagnato negli anni dell’Università e mi ha aiutato a capire quali fossero le scelte importanti per la mia vita.
Oggi mi sostiene nel mio essere donna in cammino e so che qui posso trovare sostegno e comprensione come se fossi in famiglia, con la certezza di un sincero interesse per il Magis.
Rosanna
Da molti anni frequento il Centro S. Giorgio e i percorsi spirituali che nel corso degli anni i padri Gesuiti hanno proposto.
L’inizio del cammino di CVX è stato per me lo sbocco naturale ad anni di preparazione che l’avevano preceduto, non come punto di arrivo, ma come un percorso strutturato e inserito in un ambito più ampio; mi sento nel “mondo CVX” in cammino con tanti altri.
L’incontro di comunità è per me un momento mio, durante il quale riesco a lasciare tutto ciò che le giornate mi riservano.
Mi piace molto il sentire comune e la condivisione spontanea e arricchente che molto spesso mi porto a casa.
Carla
Ho conosciuto i Padri Gesuiti in occasione della Prima Comunione del mio primogenito alcuni decenni or sono e da allora, passo dopo passo (lectio dopo lectio, EVO, catechesi, gruppi familiari), sono approdata alla CVX per invito di Padre Spartaco Galante.
Rispondere è stato facile perché ho colto che mi era data l’opportunità di continuare quel cammino su cui ero già stata indirizzata arricchendolo dell’amore e del supporto “di” e ”per” altre sorelle e fratelli in Cristo.
Per me sperimentare questa fratellanza, riflesso dell’amore del Padre, non solo nel mio gruppo, ma anche in tutti quelli che ho avuto occasione di incontrare durante i Convegni o le Giornate regionali, è stato decisivo per allargare il mio cuore verso coloro che incontro nel servizio.
Guido
Quando penso a come e perché sono entrato in CVX, mi sembra naturale dire che è stato per caso. Perché lo svolgersi degli avvenimenti ti porta a vivere istanti che sembrano fortuiti, a incontrare persone diverse che portano nella tua vita idee e sensazioni che non avevi mai provato, ma tutto sembra avvenga senza un tuo intervento.
Voglio dire che non avrei conosciuto la CVX se non fossi venuto ad abitare vicino alla chiesa di San Giorgio, non avessi avuto mia moglie che iniziò a frequentare la lectio di padre Rotelli, sollecitando il mio desiderio di ascoltarlo, di vivere un momento di tensioni a livello sociale ed economico che invitava a penetrare più a fondo il senso della nostra vita.
Più vado avanti in questa riflessione, pur banale ed affrettata, e più mi rendo conto che i momenti che ho vissuto sono casuali, ma c’era qualcosa che li ha fatti volgere verso una meta.
Voglio ricordare ciò che mia moglie Carla racconta ai nostri numerosi nipoti riguardo ai primi tempi della nostra vita di coppia:
“Eravamo studenti del Liceo Scientifico di ritorno dalla Festa della Neve che si svolgeva a Foppolo; io e il nonno (che sarei io) eravamo seduti vicini e io ero molto impressionata dal suo maglione giallo. Una volta a casa tolsi il mio maglione e vidi che i fili rossi del mio si erano intrecciati con quelli gialli del suo: visto come sono andate le cose, l’intreccio di quei fili di lana è stato profetico”.
Aver trovato nel nostro cammino di vita i Padri gesuiti, gli amici della Comunità con i quali condividere le nostre ansie, le nostre gioie, il sentimento di amicizia che è alimentato dalla fede e dalla preghiera comune è qualcosa che mi è stato donato, ma credo di aver contribuito con le mie scelte a fare in modo che i fili che tessiamo con la nostra appartenenza alla CVX siano il legame col Signore.