4° Incontro – 24 Novembre 2023

Verso il diluvio

Il testo biblico Gn 6,5-9,17 intende trasmettere una visione teologica della storia: parla della relazione tra Dio e l’umanità, evidenziando la necessità di un cambiamento radicale dell’umanità stessa, il che implica la necessità di un nuovo intervento creatore da parte di Dio.

 

La terra è immersa in una condizione non più sostenibile: il male, radicato nel profondo del cuore umano, si è riversato sulla terra, invadendola. Il testo lascia intendere che il vero male, che contrasta con il disegno di Dio descritto in Gn 1-2, è la violenza. Dio non è affatto impassibile, ma è addolorato, constatando il fallimento della sua opera. Tale fallimento viene posto in risalto attraverso la messa a fuoco di un duplice contrasto: in Gn 1,28 Dio aveva benedetto l’umanità dicendo: “Siate fecondi…riempite la terra”. Ma ora deve riconoscere che la terra è piena di violenza. Ancora in Gn 1,31 Dio aveva attestato che quanto aveva creato era “molto buono”. Ora è costretto a prender atto che tutto è “corrotto”. Dio vede messo in questione il suo progetto e si vede costretto a “distruggere” quanto ha chiamato all’esistenza. Una simile decisione lascia perplessi, abituati come siamo all’immagine di un Dio di misericordia. La decisione di distruggere “ogni carne” come si accorda con la definizione di Dio “amante della vita” (Sap 11,26)? Perché il diluvio?
Una risposta si ottiene prendendo in considerazione il verbo shachat, che ritorna cinque volte nel testo. Esso riveste il significato base di corrompere e arriva ad assumere il significato di distruggere. È la corruzione degli animi che corrompe il creato; dunque è l’orientamento del cuore con le scelte che ne scaturiscono che salvaguarda la terra o la spinge verso il baratro. La sentenza che Dio pronuncia contro il male è conseguenza intrinseca al peccato.
Ma ciò che sta a cuore a Dio è di attuare una distruzione che sia, al tempo stesso, creatrice. È necessario distruggere per salvare: questa è la problematica sottesa a Gn 6, come risulta dalla triplice ricorrenza, lungo il capitolo, di coppie di affermazioni tra loro volutamente contradditorie:

a) Nel vs 6,7 Dio afferma “Cancellerò dalla faccia della terra adamah che ho creato” . Ma subito dopo è detto che “Noè trovò grazia agli occhi del Signorevs 8
b) Nel vs 6,13 Dio dice a Noè: ”E’ venuta per me la fine di ogni carne…ecco io la distruggerò”; ma nel vs 14 Dio ordina a Noè di fabbricarsi un’arca di legno che permetterà di salvare ogni carne.
c) L’antinomia precedente viene riformulata anche nei vs 17 e 19.

Notiamo che il termine ebraico per designare l’arca (tevah) ricorre una sola altra volta nella Scrittura, precisamente in Es 2,3 per indicare la cesta di papiro in cui è stato posto il piccolo Mosè. Attraverso questa scelta terminologica si viene a stabilire una prossimità tra la figura di Noè e quella di Mosè, il cui nome significa “tratto dalle acque”. Il diluvio viene perciò letto nell’ottica della liberazione dalla schiavitù d’Egitto: è visto come il grande esodo che coinvolge ogni carne.
L’arca si compone di tre piani: “inferiore, medio e superiore” (6,16), piani che, secondo la concezione biblica, corrispondono alle tre parti di cui è formato l’universo: cielo, terra e mondo sotterraneo. Ne risulta che l’arca costituisce un microcosmo in cui si trova concentrata l’intera realtà creata.

diluvio

Spunti incontro 24 novembre 2023

Ricapitolando:
La Scrittura con la sua forza interrogatrice fa emergere tre piste di riflessione.

  1. Nella corruzione delle coscienze e nella violenza che ne discende si radica il peccato che deturpa il mondo e lo conduce alla rovina, come ricorda ripetutamente papa Francesco, in particolare al capitolo terzo della Laudato sì (nn. 101-136), in cui egli denuncia la logica del dominio tecnocratico, che porta a distruggere la natura e a sfruttare le popolazioni e la logica dell’ ”usa e getta”, che comanda ogni genere di scarto, ambientale e umano.
  2. Perché si aprano vie di cambiamento è indispensabile prendere coscienza “del male in cui siamo immersi, dell’assurdità di una società il cui dio è il denaro, la cui legge è il successo… una società che pretende di esportare messianicamente questo modo di vedere in tutto il mondo” (C.M. Martini, in La Repubblica, 7-12-2001, “Le nostre complicità con l’ingiustizia”).
  3. Dio è all’opera per un rinnovamento profondo del mondo. Si tratta di riconoscere le tracce della sua azione nello spazio della comune vicenda umana.